giovedì 9 febbraio 2012

Maggiore flessibilità del lavoro, magari sì, ma anche maggiore rigidità della finanza...

Da Corriere.it:

Draghi:
Sul mercato del lavoro «bisogna ridurre le rigidità e aumentare la flessibilità». Nei paesi dell'area euro sono necessarie «riforme strutturali per rafforzare le economie, tra cui riforme ambiziose sulla concorrenza nei mercati di prodotti e servizi».

La maggiore flessibilità del lavoro è il chiodo fisso del liberismo economico che è, ma non so ancora per quanto, il pensiero  dominante nella società moderna. Purtroppo data l'evoluzione che la società stessa ha già avuto, è abbastanza ragionevole che in Italia debbano essere limitate alcune garanzie conquistate nei decenni precedenti e che determinano una certa rigidità dei rapporti di lavoro, ma solo per chi li ha già. Il mantenerli senza poter ottenere la loro generalizzazione a tutti, e senza poter contrattare una maggiore tutela per chi non ne ha quasi per niente è il più forte dei punti deboli della parte più rigidida del sindacalismo italiano.
Mi ricorda molto la discussione sul "pacchetto Treu", una proposta fatta non certo dalla parte più liberista delle forze politiche, e per cercare di sbloccare una situazione assolutamente insopportabile di blocco totale delle assunzioni. I sindacati non provarono proprio a discutere nel concreto degli argomenti e delle proposte, si limitarono ad una opposizione totale. Per cui, quando alla fine il "pacchetto Treu" venne approvato, in una forma molto penalizzante per il lavoro perchè scomparvero le parti di "garanzia" in favore di una flessibilità eccessiva, i sindacati non provarono affatto a contrattare qualche parziale miglioramento o a pretendere l'approvazione congiunta delle forme di garanzia che il "pacchetto" originariamente prevedeva, ma si limitarono a difendere le garanzie dei già occupati, e si dimenticarono totalmente dei "precari" che di lì a poco sarebbero diventati una marea e senza rappresentanza sindacale. Che non hanno tutt'ora, bisogna aggiungere.

Oggi mi sembra si stia ripetendo una situazione analoga, con una totale incapacità sindacale a guardare un poco più in grande, a capire la realtà globale entro cui ci si muove, quali sono le condizioni contrattabili e quali quelle non difendibili. Inoltre si ripete forse l'arrocco sulla difesa di chi è già difeso, senza alcuna vera intenzione di allargare il proprio intervento verso chi ha invece più bisogno.
Nella realtà occidentale, in cui l'Italia è immersa e di cui non può fare a meno se non scivolando, come in realtà sta facendo, verso la palude dei paesi non tanto sviluppati industrialmente, con l'aggravante di non essere nemmeno una sorgente di materie prime, certi livelli di garanzia del lavoro non sono probabilmente ottimali, anche se è sicuramente sbagliato ritenerli sic et simpliciter dei limiti allo sviluppo. Credo siano elementi di contrattazione, per cui se al lavoro si chiede una maggiore flessibilità, sarebbe opportuno ridurre in contempo quella veramente esagerata del mondo finanziario.
E' ormai evidente che l'eccessiva libertà di creare strumenti speculativi, di "costruire valore" sul niente che la finanza ha avuto negli ultimi anni, sulle ali del liberismo più sfrenato sia la vera ragione delle attuali difficoltà economiche mondiali, e di questo ne sono convinti anche i vertici politici, solo che non possono/non vogliono intervenire seriamente ponendo la finanza sotto maggiore controllo, con regole democratiche ma inflessibili.
Un maggiore controllo, una minore "flessibilità" del mondo finanziario sarebbe di grande aiuto al mondo del lavoro, e quindi sarebbe anche interesse dei sindacati barattare qualche concessione, che alla fine sarebbero costretti a fare comunque, in cambio di qualche regola in più sulla finanza. Ovviamente in un paese solo si può fare molto poco, ma siamo in Europa, e unèiniziativa del genere potrebbe facilmente essere esportata nell'intera Comunità. E poi da qualche parte bisogna pur cominciare.
Meglio perdere nella speranza di ottenere qualcosa di utile che perdere in cambio di niente, come finiranno per fare se si ostinano a dire no e basta.

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