Come avevo
annunciato in un post precedente, un gruppo abbastanza eterogeneo di
giornalisti scientifici, ricercatori e semplici affezionati, hanno proposto sei
domande ai candidati alle primarie del centrosinistra, proponendosi di
riproporle anche a qualunque altro candidato di primarie di ogni coalizione e,
alla fine, di proporre un numero più nutrito (e più meditato) di domande ai
candidati finali alle elezioni nazionali. Lo scopo delle domande era di capire
e far capire a tutti gli elettori non solo le intenzioni dei vari candidati su
alcuni temi particolari di interesse scientifico, ma soprattutto di capire il
peso che ogni candidato dà al ruolo della scienza e del suo metodo di analisi
nello svolgimento del proprio ruolo politico di mediazione tra diversi
interessi.
Le domande e
tutte le risposte possono essere trovate sul sito de Le Scienze, a cui rimando
per ulteriori dettagli dell’iniziativa.
In questo post mi
limiterò a commentare le risposte alla prima domanda, che è quella che mi
interessava di più e che ha, secondo me, il significato più generale
coinvolgendo di fatto il futuro economico ed industriale dell’Italia. Poi, se
avrò tempo e forza, cercherò di commentare anche le altre risposte.
La prima domanda
era la seguente:
Quali politiche
intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia
applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei
ricercatori più giovani?
Tutti i candidati
fanno osservare, con maggiore o minore dettaglio, che l’Italia investe in
ricerca molto meno della media europea, e molto meno di utti i paesi più
industrializzati d’Europa e del mondo.
Vediamo ora gli
aspetti principali delle singole risposte.
1 – Bersani
Bersani fa notare
che è l’investimento privato che è deficitario, anche se non definisce bene il
problema; è l’unico che mette in stretta connessione la ricerca scientifica
alla capacità industriale del paese, e lega quest’ultima, di cui auspica il
mantenimento e la crescita, allo sviluppo di ricerca e innovazione. Non dice cose
nuove rispetto al suo vecchio libretto scritto insieme ad Enrico Letta: Viaggio
nell’Economia Italiana (Donzelli Editore - 2004), ma onestamente non era certo
questo il luogo di un discorso più articolato. Non dice nulla sulla politica di
reclutamento, ma accenna alla necessità di travaso di personale dalla ricerca
all’industria.
2 – Puppato
Poche parole
generiche sulla necessità di investimento, sulle sinergie con l’industria,
sull’eliminazione delle baronie e del precariato.
3 – Renzi
Forte accento sulla
necessità di far diventare meritocratico sia il reclutamento che il
finanziamento della ricerca pubblica (parla solo di questa). Se per il
finanziamento si appoggia sulle valutazioni ANVUR (da migliorare non si sa
come), per il reclutamento non dà alcuna indicazione di metodo. Propone di
favorire fiscalmente le donazioni alla ricerca (sempre pubblica) ma a costo
complessivo zero. Propone un’agenzia per il finanziamento di idee originali, ma
non è chiaro se di ricerca od applicative, cioè di spin-off industriali.
4 – Tabacci
Quella di Tabacci
è una risposta lunga, probabilmente troppo lunga, dato che si dilunga in
dettagli che a questo livello della discussione sono quasi incomprensibili,
perché richiedono competenze specifiche e conoscenze delle legislazioni
nazionali ed europee non condivise da tutti. Cercare di fare un riassunto delle
sue proposte è altrettanto difficile, perché a meno di fare un elenco banale di
ogni suo paragrafo, la valutazione generale è estremamente povera in impegni
politicamente ed oggettivamente importanti. Si richiama in modo continuo alla
legislazione europea, anche non sempre a proposito. Propone, unico tra i
candidati, dei settori strategici su cui puntare per lo sviluppo della ricerca.
Solo sul reclutamento dei giovani non ha proposte precise ma si limita a proposizioni
generiche.
5 – Vendola
A parte
dichiarazioni estremamente generiche, si può solo notare una richiesta di
aprire la governance delle Università e degli Enti di ricerca a tutte le figure
professionali, anche precarie. Spicca però la dichiarazione della necessità di
stimolare le industrie, in vista ad un loro sviluppo innovativo, ad investire
più in ricercatori che in capannoni. Nella sua genericità, è l’unico spunto
verso il costringere le industrie a fare qualcosa che sia di loro interesse
generale e non immediato.
Le mie
considerazioni finali
Quello che sto
per fare non sarà un discorso omogeneo, che cercherò di fare nel futuro e
sganciato da questo evento particolare. Voglio invece presentare le mie opinioni
su queste risposte, un po’ come vengono e saltando anche da uno all’altro.
D’altronde questo era un esperimento e un esperimento è anche la loro
valutazione.
Prima di tutto
devo dire che sono estremamente contento di come si è evoluta questa iniziativa
molto estemporanea. Anche se ovviamente le domande che abbiamo posto sono
discutibili da molti punti di vista, sono state perlomeno un inizio, ed il
fatto di aver ricevuto (grazie anche a persecuzioni e minacce varie :) ) risposta
da tutti rappresenta un successo e un punto di partenza per azioni successive
più meditate.
Sicuramente
nessuno di noi si aspettava che a rispondere a queste domande fosse personalmente il candidato cui si riferiscono, ma questo è normale. Ogni
politico deve circondarsi da uno staff di persone di cui ha fiducia e delegare
la gran parte delle decisioni, magari sotto la sua supervisione, specialmente
su questioni molto specialistiche. Quindi nel valutare queste risposte, io non
penso di giudicare una persona, ma un insieme di persone, che però devono assommare
le competenze necessarie al compito, sotto la responsabilità globale del
candidato.
Bersani dimostra
di avere una visione estremamente chiara del ruolo della Ricerca Scientifica per lo
sviluppo industriale, e di come per l’Italia ci sia solo la strada
dell’innovazione per conservare un ruolo produttivo adeguato. Sembra aver poca
dimestichezza con il mondo della ricerca accademica, ma la sua esperienza
passata lo pone nella condizione di capire cosa andrebbe fatto per l’industria.
Non ha dato alcuna indicazione dei modi in cui pensa di ottenere i risultati
che auspica, lasciando l’impressione di aver dato poca importanza globale a
queste nostre domande. Su come affrontare il problema del reclutamento e del
relativo finanziamento è stato molto deludente, evitando qualunque risposta
concreta. Dimostra un’alta competenza economica, ma se dovesse diventare Primo
Ministro avrebbe bisogno di un Ministro della Ricerca di livello superiore.
In contrasto
totale con Bersani, Renzi ignora del tutto il rilievo economico ed industriale
della ricerca scientifica, e si preoccupa solo di voler garantire una
meritocrazia che avrebbe tanto bisogno di essere definita, prima che essere
attuata. Per Renzi la ricerca scientifica è solo quella cosa che si fa nelle
Università (e magari in Enti di Ricerca, ammesso che ne conosca l’esistenza),
in cui dominano Baroni da sconfiggere, senza correlare questi aspetti alla
struttura corporativa di una parte della società italiana, di cui però proprio
la parte scientifica è largamente immune. Renzi in definitiva nemmeno conosce
le differenze tra i vari settori delle Università.
Tabacci è stato
invece alluvionale. Ma ci ha sommerso con dettagli del tutto ininfluenti
rispetto ai problemi generali, su cui invece dice poco o niente. Mi fa piacere
di sapere che nel suo staff c’è sicuramente qualcuno che conosce molto bene la
legislazione europea, ma che però ignora che la politica europea della ricerca
deve necessariamente evitare gli aspetti applicativi, cioè quelli che rendono
utili economici, perché su quell’aspetto, di interesse sostanzialmente industriale, ogni
paese, ma anche ogni industria, è geloso e non disposposto a condividere
alcunché. Quindi basare ogni obiettivo di sviluppo sulle regole europee è,
sempre e solo secondo me, del tutto sbagliato, a meno che non si parli
esclusivamente della ricerca di base o di strutture comuni (ma le strutture poi
vanno sapute utilizzare). Riassumendo, un elenco infinito di possibili
provvedimenti, alcuni sicuramente utili, altri di effetto molto dubbio, ma una
carenza di visione globale molto preoccupante.
Vendola è stato
estremamente generico, con l’inevitabile puntata demagogica dell’allargamento
della governance delle strutture di ricerca a tutte le professionalità
presenti. E' stato però l’unico, non so quanto volutamente, a toccare l’aspetto
di dover convincere le industrie ad investire in personale qualificato, senza
il quale non sarebbero mai in grado di sfruttare nemmeno quella (piccola) parte
di ricerca utile per loro che le università ancora fanno. Con personale adeguato
a saper capire la ricerca e a saperla trasformare in prodotto vendibile,
sarebbe poi possibile la famosa sinergia tra ricerca ed industria, con
possibilità di lavoro comune o addirittura di commissionare qualche ricerca.
Non credo che
Vendola, o chi per lui, fosse cosciente delle implicazioni di quella frase, ma
sono comunque contento che ci sia stata, perché così ho potuto aggiungere le
mie considerazioni.
La Puppato invece dimostra molto poca consapevolezza dei problemi della Ricerca Scientifica e dei suoi risvolti economici.Tutto sommato un'esperienza molto utile e da continuare, anche per abituare i nostri candidati politici a dover rispondere in modo organico a domande di potenziali elettori, senza farsi cogliere di sorpresa e senza essere troppo generici, come è purtroppo successo questa volta. Ora dovrei anche cercare di commentare le risposte alle altre domande...
Ma con calma...
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