Questo argomento, oltre che una validità attuale, ha anche
una importanza generale, per cui meriterebbe ben altro trattamento che un
semplice post. Ma al momento è tutto quello che posso fare.
Da qualche tempo, in ambienti dei gruppi di sinistra più
“fondamentalista”, ma anche tra i vari movimenti protestatari, accomunati da
una violenta opposizione al Governo Monti e da un’avversione per la posizione
moderata del PD, sta circolando l’idea, o meglio la speranza, che intorno alla
FIOM e al suo duro operaismo si possa coagulare l’embrione di un nuovo partito
di classe, un nuovo Partito Socialista dei Lavoratori.
Sarebbe una riedizione di quanto è successo sul finire del
1800 in Inghilterra dove un certo numero di sindacati di lavoratori (trade
union) insieme a gruppetti di ispirazione socialista, anche di estrazione
sostanzialmente borghese, diedero vita all’embrione di quello che sarebbe poi
diventato il Labour Party.
Io credo però che il ripetere questa operazione sia
storicamente e politicamente impossibile. Sarebbe al massimo la creazione
dell’ennesimo gruppetto estremista e pseudoclassista che avrebbe vita breve e
consenso praticamente nullo.
Perché faccio questa affermazione? Perché una concreta ed
operativa definizione di cosa è una classe sociale l’ha data Immanuel
Wallerstein nella conclusione del primo volume del suo lavoro più importante [1].
Riassumendo in due parole, una classe sociale diventa tale
quando acquista coscienza di esserlo e di essere portatrice di un proprio
modello di società. Al di fuori di questo si tratta semplicemente di ceti
sociali in normale lotta per la spartizione della torta, ma niente che
coinvolga la struttura della società.
Alla luce di questa definizione, mentre le trade union
dell’Inghilterra del 1890 stavano facendo nascere una vera consapevolezza di
classe e grazie ai gruppi socialisti e marxisti avevano anche una proposta di
struttura sociale alternativa, oggi questo non può essere vero neanche per una
frangia sindacale “dura e pura” come la FIOM. Perché, come avevo già detto in
un mio vecchio articolo [2], non è che ora siano scomparsi i lavoratori sfruttati,
anzi, ma oggi quella che manca è una credibile proposta di una società
alternativa all’attuale.
Deve essere chiaro che sto parlando di una diversa struttura
sociale, non di diversi pesi delle varie parti all’interno della stessa
struttura come è invece l’obiettivo delle forze politiche di sinistra moderata.
Con l’evidente incapacità del cosiddetto socialismo reale di essere una vera
alternativa, al di là di ogni teoria di complotto e di tradimento, perché è
ormai evidente che la naturale ed inevitabile evoluzione di una società basata
su quei principi non poteva che essere una società dominata da una burocrazia
di gestione, e di fatto estremamente inefficiente, siamo oggi senza alcuna
alternativa al capitalismo in cui viviamo. Possiamo solo pensare di
controllarne di più le libertà selvagge e le tendenze monopolistiche, operare
in favore dei ceti sociali meno forti, più sfruttati, ma non c’è al momento una
classe alternativa che abbia il proprio ideale di società che sia credibile e
con possibilità di realizzazione.
Per questo non credo che il raggruppamento che si vorrebbe
formare intorno al nocciolo duro della FIOM abbia la minima possibilità di
ottenere quello che auspica, cioé la nascita di un nuovo partito di classe.
Sono quindi tanti sforzi e tanti voti completamente
sprecati.
Referenze
[1] - Immanuel Wallerstein: Il Sistema Mondiale dell'Economia Moderna - vol I - Il Mulino 1978
[2] - Michele Castellano: Cosa rimane della lotta di classe
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