martedì 22 ottobre 2013

A proposito di Stamina: dieci domande alle Iene

Il mio blog può contare, nei momenti fortunati, un numero di lettori da prefisso telefonico, per cui quello che sto per fare potrebbe sembrare patetico.
Ma lo faccio lo stesso, perché ogni goccia può essere utile.
Questa è un'iniziativa nata in un Gruppo Facebook: Dibattito Scienza, che già si era fatto sentire alle ultime elezioni. E' un post collettivo, fatto contemporaneamente da diversi blogger che sono famosi divulgatori scientifici, a diverso titolo.
Io copio-incollo la versione di Marco Cattaneo, Direttore della rivista Le Scienze e che si trova in originale qui.

Dal 17 febbraio scorso, la trasmissione televisiva Le Iene ha contribuito con numerosi servizi di Giulio Golia a portare sotto i riflettori il caso Stamina, mostrando alcuni piccoli pazienti sottoposti al trattamento, mettendo in evidenza la sofferenza delle famiglie e sollevando ripetutamente la questione della somministrazione di cure compassionevoli. Tutto questo anche dopo le critiche di gran parte della comunità scientifica, dopo le accuse di frode scientifica emerse da un articolo di «Nature» sulla questione relativa alle domande di brevetto, dopo il pronunciamento del comitato istituito dal Ministero della Salute e la cancellazione della sperimentazione annunciata dallo stesso ministro Beatrice Lorenzin.
Per tutte queste ragioni, e perché ci sono ancora molti punti oscuri in tutta la vicenda, con un gruppo di blogger e giornalisti scientifici abbiamo avvertito il bisogno di porre alcune domande all’autore dei servizi e alla redazione della trasmissione. (Alla stesura di queste domande hanno contribuito Alice Pace, Silvia Bencivelli, Salvo Di Grazia, Emanuele Menietti, Antonio Scalari e il sottoscritto. Un grazie per i suggerimenti a Letizia Gabaglio.)


1. Perché voi delle Iene non spingete Davide Vannoni a rendere pubblico il metodo Stamina? Se è davvero così efficace, non pensa sia giusto dare la possibilità a tutti i medici e pazienti di adottarlo?

2. Nei suoi servizi per Le Iene ci ha mostrato alcuni piccoli pazienti in cura con il metodo Stamina. Dopo otto mesi e quasi 20 puntate, perché non ha mai coinvolto le altre persone che Vannoni dice di aver curato negli ultimi anni, invitandole a mostrare i benefici del metodo stamina?

3. Perché non ha mai sentito la necessità di dare voce anche a quei genitori che, sebbene colpiti dalla stessa sofferenza, non richiedono il trattamento Stamina e anzi sono critici sulla sua adozione?

4. Nel primo servizio su Stamina lei dice che Vannoni prova a curare con le staminali casi disperati «con un metodo messo a punto dal suo gruppo di ricerca». Di quale gruppo di ricerca parla? Di quale metodo?

5. La Sma1 non sarebbe rientrata nella sperimentazione nemmeno se il Comitato l’avesse autorizzata, perché lo stesso Vannoni l’ha esclusa, ritenendola troppo difficile da valutare in un anno e mezzo di studi clinici. Come mai continua a utilizzare i bambini colpiti da questa patologia come bandiera per la conquista delle cure compassionevoli?

6. Perché non ha approfondito la notizia delle indagini condotte dalla procura di Torino su 12 persone, tra cui alcuni medici e lo stesso Vannoni, per ipotesi di reato di somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione a delinquere? 

7. Perché non ha mai interpellato nemmeno uno dei pazienti elencati nelle indagini della procura di Torino?

8. Perché ha omesso ogni riferimento alle accuse di frode scientifica da parte della comunità scientifica a Vannoni, al dibattito attorno alle domande di brevetto e alle controversie che hanno portato a un ritardo nella consegna dei protocolli per la sperimentazione?

9. In trasmissione lei fa riferimento alle cure compassionevoli, regolamentate dal Decreto Turco-Fazio. Perché non ha spiegato che il decreto prevede l’applicazione purché «siano disponibili dati scientifici, che ne giustifichino l’uso, pubblicati su accreditate riviste internazionali»?

10. Se il metodo Stamina si dimostrasse inefficace, che cosa si sentirebbe di dire alle famiglie dei pazienti e all’opinione pubblica?

Vediamo se, e cosa, sono capaci di rispondere...

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